Critiche
Bernardo Ariatta Pittore Iperrealista
Alex Manini - Giornalista e Critico
“La pittura di Bernardo Ariatta parte dalla materia per scomporla in vibrazione e poi per trascenderla”.
Questa potrebbe essere la chiave interpretativa delle molteplici opere del Maestro operante a San Martino di Trecate, la cui scuola è foriera di notevoli successi ed afflussi di pubblico. Si parla di iper-realismo ma su soggetti sia reali che immaginari, quindi iper-realismo onirico, nonché di vibrazione, che sa trascendere la staticità della materia, per liberarne l’energia, altrimenti cristallizzata, attraverso sfondi ed interpretazioni intrise di valore umano, quasi mistico, diciamo come l’autore stesso definisce: “magico “. Una magia che si genera dall’interno, dall’intimo desiderio di “far vibrare” l’essenza di ciò che é rappresentato, per donare al pubblico e a quanti ne vorranno apprezzare, non solo la bellezza di un momento fuori dal tempo ma anche un attimo di riconnessione con quella parte di noi che vibra in risonanza con l’universo oltre che tanta energia positiva, che l’autore esprime con la sua ricerca interiore”.
Emiliana Mongiat - Giornalista e Critico
Quella di Bernardo Ariatta è una pittura che nella realtà quotidiana trova gli stimoli più efficaci per operare le trasformazioni che ogni artista attua per comunicare il proprio pensiero, la propria sensibilità, le proprie emozioni. Soggetti preferiti sono le nature morte che affianca ai paesaggi e alla figura umana. Particolarissimi e di grande suggestione sono, nelle sue composizioni di frutta e oggetti, gli effetti creati dalla luce su superfici lucide, trasparenti o specchianti, che la stazzonatura di fogli di alluminio e cellophane frantumano in infiniti bagliori, tutti variati nelle loro rifrangenze percettive.
La tecnica iperrealista, con la posizione ravvicinata dei soggetti, la messa a fuoco di particolari che sfuggono alla visione consueta e il risalto dato agli effetti luministici, gli consente di ottenere composizioni quasi astratte e molto personali, in una pittura impregnata di tensioni, di dinamismo e di quelle suggestioni poetiche che solo l’attenzione e l’amore per le cose semplici sono in grado di sollecitare. Ed è a queste che l’artista, isolandole in spazi silenziosi e facendole emergere da sfondi oscuri che ne cancellano la spazialità reale, affida il compito di esprimere quell’armonia universale che è la finalità ultima della sua pittura.
Miriam Giustizieri - Giornalista e Critico
Quello che osserviamo nelle sue tele vuole rivelare o nascondere la pittura? Questa è la sfida che mette in discussione le concezioni complementari di concreto ed astratto. Una caratteristica stilistica dell’artista riguarda l’impostazione spaziale e la perfezione delle forme. Ogni elemento è posizionato al fine di conferire profondità al dipinto, infatti Bernardo Ariatta riesce a sovrapporre magistralmente più piani visivi, facendo entrare in sinergia pieni e vuoti. L’immagine è più che mai vera, oggetti o frutti sembrano pronti all’ uso, ma di fatto sono solo rappresentazioni ideali del mondo. I volumi, la pianificazione della luce, la lavorazione cromatica danno concretezza fisica delle cose, ma l’opera resta sempre apparenza. La realizzazione non avviene dal vero, ma tramite una precisa ad attenta ideazione. Questo fa emergere un aspetto significativo del suo lavoro: è autentica creazione. Assistiamo dunque ad un processo complesso, che riguarda quello che vive dentro e dietro l’essere. Il filosofo Schopenhauer era giunto ad esprimere il concetto che la realtà è riproduzione del soggetto, diventando anche difficile, a questo punto, distinguerla dal sogno. Bernardo Ariatta, tramite lo strumento del pensiero, rielabora le forme in associazioni diverse, spesso legate alla dimensione dei ricordi. In questo iter riscontriamo un processo di comprensione del proprio vissuto, conseguenza di un’analisi acuta della realtà e della sua riproposizione in termini pittorici. Il tentativo dell’artista è quello di espandere la consapevolezza del mondo, perché lo stesso nella sua essenza ci sfugge. I suoi codici espressivi spostano il fuoco concettuale dalla semplice idea che l’arte iperrealista sia solo pura rappresentazione, ad un percorso verso la soluzione sibillina del rebus che ci chiede cosa sia la realtà.
Nadia Celi - Critico
“La Galleria Artè Primaluce inaugura la mostra di Bernardo Ariatta, in arte Arbe. Esposizione curata da Nadia Celi. L’artista nasce a Novara nel 1966. Si diploma presso il Liceo Artistico Statale di Novara e presso l’Istituto Della Santa come disegnatore pubblicitario. Ariatta propone sulla tela frutta, oggetti, figure rappresentate con un esasperato realismo, tanto da farli sembrare veri. Grazie ad una tecnica pittorica fuori dal comune che gli consente di realizzare con il pennello immagini nitide, luminose, reali, fotografiche, dove ogni singolo oggetto presenta contorni netti e ben definiti. I ritratti e i nudi appaiono vivi nello sguardo e nei toni muscolari, le luci e le ombre danno movimento all’opera. Nelle nature morte notiamo un gioco di riflessi così che l’immagine non è solo la mera copia di quanto osservato, ma di quanto il pittore vede nel riflesso degli oggetti. Trasparenze e i riflessi provocano nell’ osservatore la sensazione di osservare un mondo percepito attraverso gli occhi di un bambino donandoci momenti di rara unicità. Guardando i minuziosi dettagli che Ariatta regala allo spettatore si rimane affascinati e colpiti non solo dalla precisione dei soggetti dipinti ma anche dalla carica che danno i colori caldi, dai riflessi e dagli effetti di luce ed ombre. Bernardo Ariatta cerca con le sue opere di emozionarci. Pittore che ha ricevuto riconoscimenti e pubblicazioni su diversi mensili d’arte, nonché premiato tra i migliori artisti che ben rappresentano l’arte italiana.
Rosanna Cotugno - Curatrice e Art Promoter
La pittura di Bernardo Ariatta ha un ampio equilibrio sia nel tratto che nel colore, rendendo protagoniste assolute le eleganti forme femminili investendole di luce, riflessi e trasparenze.
Sa imporsi con semplicità e indulgenza, ma nel contempo in modo vigoroso e con la consapevolezza di chi vuol riacquistare la sacralità delle forme.
La ricerca pittorica di Bernardo Ariatta è sicuramente onerosa, ma facilitata dalla forte carica emotiva e passionale, come lo stesso artista sostiene.
Il turbinio dei suoi colori tra palpitanti rossi che squarciano le anime dell’osservatore e le rasserenanti tinte calde capaci di evocare magiche visioni, fanno della sua pittura momenti di intensa emozionalità. L’atto creativo consiste per l’artista nel trasferire sulla tela quell’essenza segreta e vibrante, di cui impera nel suo animo, che è il frutto di un vissuto sia esso remoto o recente.
La lunga esperienza acquisita nella rappresentazione dal vero e gli studi sui grandi maestri del passato, suo pittore preferito “Caravaggio”, ha fatto si che fosse favorita in lui l’acquisizione del patrimonio tecnico indispensabile per concretizzare il suo “pensiero pittorico”.
Al di là della padronanza tecnica, occorre sottolineare il senso della sua espressività che si colloca nell’area di un messaggio poetico, messaggio d’amore che attraverso la natura si compie in tono di universalità.
Una pittura impregnata di intense emozioni e di tensioni, pittura colma di forza comunicativa che sviluppa sempre dolci e continui fremiti lirici.
Una stesura pittorica complessivamente dinamica, sicura, senza pause e ripensamenti, un linguaggio concreto che nella miscelanza cromatica e nel segno trova elementi fondamentali per fruttare proposte di meditazione.
Non sfugge all’occhio attento del fruitore, l’originalità e l’autonomia nei confronti di altre esperienze artistiche, che gli consentono di individuare un proprio spessore artistico.
I suoi dipinti sembrano racchiusi in una bolla di silenzi, quasi volte in area metafisica, lontano dal vertiginoso flusso della vita quotidiana.
Donato Conenna - Giornalista e Critico
Il malinteso ha continuato nei secoli, sino fino a noi e continuiamo a definire “Natura morta” una immagine viva per eccellenza. E vivissima è la natura morta del pittore, Bernardo Ariatta,
operante nel nord Italia, a cavallo fra Piemonte e Lombardia, operatore di grandi dimensioni, è da dirsi, che ha evitato le scorciatoie emulsionistiche lavorando il colore “a guisa caravaggesca”, oggi diremmo iperreale,
dove i particolari infinitesimali emergono a completare l’assunto che oggi ha la “Natura morta” e cioè il complemento visivo, calmo, solenne di un ambiente interno. Ma non siamo solo alla frutta. Con lo stesso metro espressivo e compositivo Bernardo Ariatta ha descritto un festival di fiori.
Donato Conenna - Giornalista e Critico
Non parleremo di “natura morta” nel caso di Bernardo Ariatta. Talmente viva e vivificante è la sua composizione, ricca di motivazioni, barocca di arredo e corredo l’immagine madre, che definire “morta” una qualcosa che salta agli occhi per la sua vivezza, sembrerà all’osservatore un non senso. Certo il pittore novarese, che firma questi “Melograni”, così come la “Verza”, si pone come continuatore dei naturamortisti europei contemporanei ma non con lo spirito dei fiamminghi, pur se il fondale dell’opera citata è avaro di luce e l’opera dei “Melograni” sfavilla di vitalità. La oggettazione inanimata, ab sustantiam, non è per equivoco, la natura morta. E Ariatta ci dimostra qui che non c’è più niente di vivo che una natura morta, che come Leonardo dice, continua a vivere nonostante sia stata “nettata e riposta a mensa” o per il bello sguardo del pittore. In realtà oggi, la natura (morta) cambia il suo ruolo simbolico; diviene non complemento di arredo, ma logo fondamentale di vita.